Decreto End of Waste Inerti (D.M. 152/2022): Aggiornamento Normativo

Il c.d. Milleproroghe (Legge n. 14 del 24 Febbraio 2023), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27/02/2023, ha apportato modifiche al recente D.M. 152/2022 (decreto n. 152 del 27 settembre 2022) recante il “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Di fatto si tratta di modifiche alle tempistiche di applicazione della norma e precisamente:

  • Il Ministero ha tempo fino al 03/11/2023 per apportare ulteriori modifiche al Decreto EoW Inerti;
  • Il termine entro il quale sarà necessario adeguarsi al Decreto EoW Inerti (D.M. 152/2022) è prorogato al 03/05/2024.

Di seguito l’articolo del nostro blog.

D.M. n.152 del 27 settembre 2022

Nuovo decreto per la cessazione della qualifica di rifiuto (EOW – End Of Waste) dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale.

Lo scorso 4 novembre 2022 è entrato in vigore il D.M. 152/2022 (decreto n. 152 del 27 settembre 2022) recante il “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Clicca qui per il testo pubblicato in gazzetta ufficiale (oppure qui per la versione PDF)

Il decreto, composto da 8 articoli e 3 allegati, stabilisce i requisiti applicabili ai processi di recupero dei i rifiuti inerti ed al sistema di gestione dell’organizzazione che gestisce l’impianto di recupero di suddetti rifiuti.

L’operatività del decreto scatterà a sei mesi dell’entrata in vigore, vale a dire dal 4 maggio 2023 (aggiornato con c.d. Milleproroghe “dal 4 maggio 2024”), data entro la quale gli impianti esistenti dovranno presentare all’autorità competente un’istanza per l’aggiornamento della propria autorizzazione al recupero dei rifiuti inerti.

Entro la stessa scadenza però il MITE potrà valutare modifiche ai criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto per tenere conto delle eventuali evidenze emerse in fase applicativa.

Quali rifiuti sono interessati dal decreto?

I rifiuti interessati sono i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell’Elenco Europeo dei Rifiuti (EER) quali ad esempio cemento, mattoni, mattonelle e loro miscugli, miscele bituminose, terre e rocce da scavo, rifiuti misti dall’attività di demolizione, e gli altri rifiuti inerti di origine minerale appartenenti ad altri capitoli dell’elenco (ad esempio mattoni e mattonelle, scarti di ghiaia o sabbia).

Quando cessano di essere rifiuti?

Cessano di essere qualificati come rifiuti e sono qualificati come aggregato recuperato se l’aggregato recuperato è conforme ai criteri di cui all’Allegato 1.

L’allegato 1 specifica:

  • i rifiuti ammissibili (sono esclusi quelli dalle attività di costruzione e di demolizione abbandonati o sotterrati);
  • le verifiche necessarie sui rifiuti in ingresso;
  • il processo di lavorazione minimo e le modalità di deposito presso il produttore;
  • i requisiti di qualità dell’aggregato recuperato, compresi i controlli analitici e test di cessione da effettuare
  • le norme tecniche di riferimento per la redazione delle dichiarazioni di conformità dell’aggregato riciclato prodotto secondo il modello di cui all’Allegato 3.

Quali sono i possibili riutilizzi dell’aggregato prodotto?

Nell’Allegato 2 il provvedimento stabilisce che i campi di utilizzo possibili per i materiali ottenuti con le operazioni di recupero, secondo le norme tecniche di utilizzo di cui alla tabella 5, sono:

  1. realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile;
  2. realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili ed industriali;
  3. realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili ed industriali;
  4. realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;
  5. realizzazione di strati accessori aventi, a titolo esemplificativo, funzione anticapillare, antigelo, drenante;
  6. confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici (quali, a titolo esemplificativo, misti cementati, miscele betonabili).

Cosa si intende per Dichiarazione di Conformità (DDC)?

La Dichiarazione di Conformità (DDC) è una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà emessa dal produttore di aggregato recuperato nella quale attesta il rispetto dei criteri di cui all’articolo 3 del DM 152/2022, resa con le modalità riportate nell’Allegato 3 dello stesso decreto. Le dichiarazioni devono essere conservate da parte del produttore di aggregato recuperato per 5 anni (ad eccezione delle aziende con Certificazione Ambientale EMAS o ISO 14001).

Resta a carico del produttore del rifiuto (diverso dal produttore dell’aggregato recuperato) la responsabilità della corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti, nonché della compilazione del formulario di identificazione del rifiuto (FIR).

Quali certificazioni deve avere il produttore di aggregato recuperato?

L’Articolo 6 del decreto stabilisce che il produttore di aggregato recuperato deve applicare un sistema di gestione della qualità certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001. Il manuale della qualità deve essere comprensivo di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità ai criteri di cui all’Allegato 1, del piano di campionamento e
dell’automonitoraggio.

Norme transitorie

  1. Entro 180 giorni, dall’entrata in vigore del citato decreto, i gestori di impianti di trattamento rifiuti titolari di precedenti “comunicazioni” e “autorizzazioni” al trattamento rifiuti, sono obbligati:
    • per gli impianti autorizzati ai sensi dell’art. 216, a presentare un aggiornamento della precedente “comunicazione di inizio attività trattamento rifiuti”;
    • per gli impianti autorizzati ai sensi del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 (ad esempio autorizzati ai sensi dell’art. 208) a presentare una specifica “istanza di adeguamento dell’autorizzazione in essere”.
  2. I nuovi criteri non si applicheranno ai materiali già prodotti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, nonché a quei materiali che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate. Tali materiali infatti potranno essere utilizzati in virtù di quanto previsto nelle precedenti autorizzazioni a condizione che rispettino i requisiti dei prodotti da costruzione ovvero la marcatura CE e DoP.

Criticità ed opportunità

A seguito dell’emanazione del decreto il Consiglio di Stato ha emesso un parere non tanto sulla legittimità quanto sulla “adeguatezza delle soluzioni prescelte rispetto alle finalità indicate dal legislatore”. Il tema posto dai giudici è l’equilibrio tra l’obiettivo della norma – favorire un impiego crescente dei materiali ottenuti dal riciclo di questa tipologia di rifiuti – e la sacrosanta tutela della salute pubblica.

I parametri stabiliti per gli aggregati inerti da riciclo, in particolare quelli relativi ai limiti di concentrazione per cloruri e solfati, secondo i giudici potrebbero avere “un’incidenza non marginale sull’efficacia applicativa della nuova disciplina”. Infatti “pur trattandosi di parametri che hanno una potenziale incidenza sulla salute umana e sull’ambiente, per i quali, dunque, appare ragionevole assumere posizioni di assoluta prudenza, resta aperta l’esigenza di un’attenta valutazione degli effetti concreti di tali limiti prudenziali sull’efficacia del meccanismo di economia circolare attivato dalla presente regolamentazione affinché siano scongiurati effetti di forte riduzione dei quantitativi di rifiuti effettivamente avviati al recupero“. In sostanza, con i limiti indicati, avvertiva il Consiglio di Stato, ci potrebbe essere il rischio che invece di favorire il mercato lo si affossi: meno riciclo più discarica.

Anche l’Associazione Nazionale dei Produttori di Aggregati Riciclati, ANPAR, ha chiesto di rivedere lo schema di decreto, e in particolare che siano rivisti i limiti dei parametri soprattutto in funzione della destinazione d’uso a cui i materiali che hanno cessato di essere rifiuti sono destinati, anche in linea con le scelte adottate da altri Paesi europei”.

Effettivamente la presenza negli aggregati riciclati di IPA o cromo esavalente è legata principalmente a costituenti dei rifiuti in ingresso al processo di recupero. Si tratta quindi di elementi che si ritrovano necessariamente in aggregati riciclati come il conglomerato bituminoso o il cemento. I limiti di concentrazione che il Decreto End of Waste impone sono stati evidentemente ricavati dalla tabella relativa agli usi dei suoli sottoposti a bonifica destinati a zone residenziali o a verde.

Il rovescio della medaglia è l’opportunità che gli aggregati recuperati, sottoposti ad analisi che rispettino parametri così stringenti, possano entrare finalmente nei capitolati che fino ad ora li hanno esclusi, favorendo invece il continuo utilizzo di materiali “vergini” (naturali) di cui il nostro Paese non ne ha grande disponibilità ed in contrasto con il tema centrale del decreto EoW e di quello dell’economia circolare ovvero la sostenibilità ambientale.

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